È una rivoluzione in corso, quindi è ancora imprevedibile, ma il treno è partito e ha sicuramente superato il punto di non ritorno.
In termini tecnici, il 2021 è stato particolarmente ricco di neologismi: dalla DeFi (finanza decentralizzata basata su blockchain) alla GameFi (che permette di guadagnare tramite i videogiochi); dall’esplosione degli Nft fino alle fantascientifiche promesse del metaverso. Finanza, arte, lavoro, divertimento: in un periodo segnato dal coronavirus, il settore dell’innovazione digitale mostra la volontà di spostare sempre più parti della nostra vita online.
Nelle ultime settimane, tuttavia, ha preso piede un’altra etichetta tecnologica: Web 3.0 o Web3, che sfruttando la blockchain promette di decentralizzare il mondo online, rubare potere ai giganti della Silicon Valley e persino creare una nuova economia sfruttando l’ecosistema blockchain da di cui tutti possono trarre profitto.
L’uso dell’intelligenza artificiale consentirà alle macchine di guidare le persone verso le informazioni di cui hanno bisogno, piuttosto che visualizzare le informazioni che stanno cercando sotto forma di semplici risultati di ricerca.
Ma partiamo dall’inizio.
Internet ha attraversato varie tappe e sta continuando il suo lungo viaggio per raggiungere il suo massimo potenziale. Allora perché parliamo di 3.0, e quali erano le sue versioni precedenti? Negli ultimi 30 anni il Web si è evoluto in maniera radicale, non solo da un punto di vista estetico, ma anche applicativo e concettuale.
Storicamente è suddiviso in 3 fasi: La transizione tra queste fasi ovviamente non è netta, non esiste una data sul calendario in cui si è passati dal Web 1.0 al Web 2.0 ma ci sono cambiamenti che ne semplificano la comprensione.
- Web 1.0: Agli inizi degli anni ’90, i siti web venivano sviluppati usando pagine HTML statiche che potevano solo mostrare informazioni. Era una rete di siti statici, senza possibilità di interazione con gli utenti che erano puri spettatori. Non c’era la possibilità di streaming audio o video, i download erano estremamente lenti, le comunicazioni peer-to-peer erano limitate e passavano attraverso le chat room, messenger, le e-mail. L’unica cosa che si poteva fare era leggere e riprodurre contenuti presenti nelle pagine ricercate.
- Web 2.0: Con il Web 2.0, intorno al 2004, gli utenti potevano interagire con i siti web attraverso l’uso di database, elaborazione lato server, moduli e social media. Avviene il netto passaggio dall’ ”osservare” al “partecipare”, diventando creatori di contenuti senza dover avere competenze di programmazione. Facebook, Instagram, YouTube, Wikipedia, TripAdvisor, i blog offrirono a tutti la possibilità di esprimersi, di sentirsi parte di communities, di partecipare.
Era il tempo della democrazia ma ben presto se ne scoprirono i limiti e i rischi, legati all’enorme valore di tutte le informazioni personali messe in rete. Pochi servizi centralizzati (Amazon, Facebook, Google) diventarono i detentori di un’enorme quantità di informazioni, a discapito della privacy e della sicurezza degli utenti.
Quindi guardando indietro alla storia dell’Internet, i dati in principio sono stati presentati staticamente agli utenti e in seguito gli è stato permesso di interagire dinamicamente con questi dati. Nel Web 3.0, gli algoritmi utilizzeranno tutti questi dati per migliorare l’esperienza dell’utente e rendere il Web più personale e familiare.
Ma quindi cos’è il Web 3.0? Non esiste una concreta definizione del Web 3.0, sappiamo però che il suo obiettivo è creare siti e applicazioni web più aperti, connessi e intelligenti, che si concentrano su una comprensione dei dati automatizzata.
Qualsiasi persona, macchina o azienda sarà capace di scambiare valore, informazioni e lavoro con chiunque nel mondo, senza bisogno di avere un contatto di fiducia diretto o un intermediario di terze parti. Il Web3 espanderà in maniera sostanziale la scala e lo scopo delle interazioni tra persone e tra macchine, ben oltre ciò che possiamo immaginare oggi, un passo che attiverà una nuova ondata di modelli di business senza precedenti.
Possiamo riassumere che il viaggio verso il Web3 passa da due strategie:
- restituire i dati personali nelle mani dell’utente;
- introdurre un’architettura di Internet più aperta, decentralizzata e intercomunicabile: per sfuggire alla cyber censura dei governi e per rendere il network più resiliente e sicuro, mentre la riappropriazione dei dati promette di restituire ai cittadini il controllo dei dati personali.
Ma per decentralizzare la rete, secondo i tecno-utopisti, è indispensabile ricorrere alla blockchain, il registro digitale distribuito che ha consentito la nascita prima del Bitcoin (nel 2009) e poi di tutte le altre criptovalute, in grado di distribuire a tutti i computer che fanno parte della catena: dati, memoria informatica, potere di calcolo eccetera.
Un mercato decentralizzato dei dati, di grande valore economico, che, grazie alla sua criptovaluta, permetterebbe transazioni immediate e prive di costi tra i proprietari dei dati (su spostamenti, gusti personali, letture, acquisti) e tutte le imprese interessate a comprarli. A regolare il mercato, in automatico, saranno gli smart contracts, contratti intelligenti che offrono automaticamente valore economico alle informazioni messe a disposizione, quando una società rispetta criteri e condizioni.
Come tutti sappiamo, l’obiettivo è quello di trasformare il modo in cui ci connetteremo alla rete. Il web diventerà una realtà virtuale dove agiremo attraverso degli avatar. Il tutto finalizzato alla creazione di un nuovo mercato: quello degli NFT ovvero dei beni digitali virtuali pagati in criptovalute, acquistate però con soldi reali. L’uomo, considerato dalla teoria economica prevalente un agente razionale, in futuro spenderà dunque soldi reali per comprare prodotti o servizi digitali per il proprio avatar che vive nei mondi virtuali.
L’idea finale, condivisa anche da Rudy Bandiera ( uno dei massimi esperti italiani di innovazione digitale) è quindi quella di interpretare il web 3.0 come uno sviluppo di piattaforme decentralizzateco:
“Il web 3 – ha detto a Tiscali News – sarà il web decentralizzato in cui le persone potranno disintermediarsi dalle grandi piattaforme e guadagnare soldi attraverso le criptovalute gestite da una blockchain”. “Un esempio concreto – ha proseguito – è il browser Brave che sta già facendo un’attività di questo tipo in quanto consente agli utenti di essere ricompensati in una criptovaluta chiamata BAT (Basic Attention Tokens) per ogni annuncio sponsorizzato che guardano mentre navigano. I BAT possono poi essere utilizzati per inviare donazioni o pagamenti ai creatori di contenuti”. “Il web 3 è un termine di moda ma quello che sta accadendo attorno alla blockchain è sicuramente una rivoluzione” ha concluso Bandiera.
Il Web 3.0 è progettato per garantire che tutti possiamo godere delle informazioni e degli strumenti di Internet indipendentemente dal dispositivo attraverso il quale ci colleghiamo ad esso, grazie alla sua flessibilità e versatilità che trascende le barriere di formato e strutturali. Siamo in una fase molto volatile e per questo interessante, nella quale diverse idee emergono per affermarsi e plasmare la rete che verrà.
Attualmente, i vantaggi di un’architettura decentralizzata non superano i problemi chiave che possono essere riassunti in prestazioni e disponibilità delle applicazioni più lente, ancora non adatte all’utente medio della rete.
È presto per dire se arriveremo ad un web completamente decentralizzato o meno, ma sicuramente assisteremo ad una prima fase di competizione e poi di convivenza tra applicazioni tradizionali e decentralizzate.